La MIFID 2 nella prestazione di servizi ed attività di investimento transfrontalieri
di Valentina Marchesin
Un tema da tenere in considerazione nel favorire lo sviluppo di relazioni finanziarie Italia – Svizzera è rappresentato dalla regolamentazione che disciplina la prestazione di servizi ed attività d’investimento degli intermediari finanziari, europei ed internazionali, all’interno dell’Unione Europea.
Innanzitutto bisogna sottolineare che la nuova direttiva MIFID 2 – Markets in Financial Instruments Directive 2 – riafferma il riconoscimento del passaporto europeo per le imprese d’investimento comunitarie che decidono di stabilire una succursale in un altro paese membro dell’Unione Europea. Per cui è sufficiente notificare all’autorità competente dello Stato membro in cui si vuole prestare il servizio per poter operare in regime di libera prestazione.
La disciplina MIFID 2, inoltre, trova applicazione anche per le imprese di investimento internazionali (svizzere) che intendono svolgere la propria attività nel territorio europeo. In particolare, la normativa prevede che gli operatori dei paesi terzi possano operare all’interno dell’Unione Europea o secondo il regime di Libera Prestazione di Servizi (LPS) o attraverso l’obbligo di stabilimento di una succursale. In particolare, la direttiva demanda al legislatore di ciascuno Stato membro, in sede di recepimento, la scelta tra LPS e/o stabile organizzazione, anche in funzione alla tipologia di cliente[1]. Nel recepire la direttiva comunitaria il legislatore italiano ha adottato una soluzione di chiusura. Infatti, è stato disposto che, per la prestazione di servizi ed attività di investimento a clienti al dettaglio e professionali, l’impresa d’investimento di paesi terzi abbia l’obbligo di operare tramite una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. In questo modo, il regime di libera prestazione di servizi è stato precluso se non per l’offerta di servizi a controparti qualificate.
Per questa ragione le uniche modalità attraverso le quali è concessa l’operatività in Italia alle imprese d’investimento svizzere sono:
- L’apertura di una stabile organizzazione;
- La reverse enquiry, ossia la prestazione del servizio attivata esclusivamente e direttamente dal cliente che si reca presso l’intermediario finanziario in Svizzera.
La prestazione di servizi di investimento con modalità differenti da quelle citate espone l’intermediario finanziario al reato di abusivismo, essendo questi servizi soggetti ad apposito regime di riserva (art. 166 del Testo Unico della Finanza).
È importante sottolineare che per quanto concerne l’autorizzazione alla prestazione di servizi ed attività di investimenti nel territorio dello Stato attraverso stabile organizzazione, le banche elvetiche abbiano incontrato la resistenza di Consob, autorità che in Italia vigila sulla correttezza e la trasparenza dei mercati finanziari. Il principale ostacolo al rilascio dell’autorizzazione è rappresentato dalla tradizionale chiusura elvetica allo scambio di informazioni[2].
Per quando riguarda la prestazione di servizi nel regime di reverse solicitation, il servizio prestato non è da considerarsi realizzato nel territorio dell’Unione Europea quando esso nasce o a seguito di un’intuizione del cliente, non sollecitata in alcun modo dall’intermediario, o a seguito di una comunicazione, contenente una promozione di strumenti finanziaria con mezzi di natura generale e rivolta al pubblico.
[1] In particolare, già la MIFID 1 introduce il concetto di gradazione delle tutele in relazione alla tipologia di cliente. I clienti possono essere classificati come: clienti al dettaglio per i quali le tutele sono massime; clienti professionali per i quali possono essere disapplicate alcune regole di condotta; e controparti qualificati per le quali la maggior parte delle regole di condotta vengono disapplicate.
[2] Il Protocollo di Intesa Italia-Svizzera contro la doppia imposizione, ratificato con la legge n. 69 del 2016, ha aperto allo “scambio di informazioni verosimilmente rilevanti tra Italia e Svizzera”, favorendo in questo modo la cooperazione tra i due paesi. È importante sottolineare che la road map (definita nel 2015 congiuntamente al Protocollo di Intesa) prevede l’obiettivo di cancellare la Svizzera dalla black list e migliorare l’accesso ai mercati per i fornitori di servizi finanziari.